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lunedì 22 ottobre 2018

‘LA BELLA SCOLA’

Una finestra sulla cultura è la Lectura Dantis de "La bella Scola" di sabato 6 ottobre al Centro Interparrocchiale San Michele. 
Anche a Fidenza quindi si può! Si può fare cultura.
Qualche cenno di cronaca, quanto basta, e spazio ai contenuti in questi "appunti" che la Prof.ssa Mara Dallospedale, tra una tribolazione e l'altra, dopo averli riordinati, ci ha messo a disposizione. Buona lettura.
A.P.

LECTURA DANTIS. INFERNO, CANTO X
ERESIA E POLITICA NELLA ‘CITTA’ DEL FOCO’
ASSOCIAZIONE CULTURALE ‘LA BELLA SCOLA’
CENTRO INTERPARROCCHIALE SAN MICHELE
6 ottobre 2018

In concomitanza con le festività di S. Donnino e la Festa Internazionale della Storia, studenti ed ex studenti del Liceo Classico di Fidenza hanno organizzato l'evento LECTURA DANTIS. INFERNO, CANTO X. ERESIA E POLITICA NELLA CITTA’ DEL FOCO.
Si è trattato di una lezione tenuta dal Prof. Fausto Cremona, già docente del Liceo fidentino, accompagnata da letture recitate e da suggestioni introduttive di musica e immagini realizzate dall’Associazione culturale LA BELLA SCOLA.

Dopo i ringraziamenti al Comune per l’opportunità dell’evento, Riccardo Cavalli, Presidente  dell’Associazione, ha presentato  il Canto grazie ad un breve riassunto e u emozionante percorso multimediale  che ha introdotto i presenti in un infernale ambiente di guerra, riferibile alla battaglia di Montaperti (tra Guelfi e Ghibellini)  e all'eccidio dei Catari dopo l'assedio di Montségur (1244).
Lapidarie e molto coinvolgenti le parole di Riccardo Cavalli e di Niccolò Donelli, sottofondo alle fiamme e allo spietato combattimento in cui politica ed eresia sembrano fondersi.

La guerra.
La guerra infame che sentiamo prima
dentro di noi;
ch'è sempre fatta da congiunti, da parenti, da fratelli
contro i congiunti, i parenti ed i fratelli;
la guerra ch'è massacro indiscriminato
irresistibile perché nato
dalle braci dei legami di sangue
pulsanti sotto la cenere,
sotto i marmi delle strade e dei palazzi che divorano le fiamme
- appiccate da ogni parte, come prendono bene!
Balugine d'un attimo nel buio,
e subito miccia, incendio irresistibile;
prima come il fiume melmoso s'arresta nello stallo
e accumula le forze,
comprimendo all'insopportabile il suo seme di violenza;
poi come la scarica letale
travalica gli argini,
rompe le paratìe ai cavalli in fuga,
dall'uno all'altro in un istante
tutti sono uno
nella furia sterminatrice:
uniti nel fiotto di corrente irresistibile
l'uno nell'altro tutti sono uno.

Però la guerra è ancora prima
di dentro di noi, la guerra è la madre
di tutte le cose;
ce l'hanno insegnata i nostri padri
e le madri, gli antenati da sempre,
che l'avevano imparata dai padri
e le madri, gli antenati da sempre,
e così indietro fino al buio
che avvolge le cose eterne;
la guerra, nel paese-ombelico del mondo,
è la radice oscura che accende
e rende fertile l'erba delle colline e la terra,
la arrossa e la devasta come doveva essere,
perché così doveva essere da sempre;
perché infine, insanguinati e lordi
col cuore pesante dei morti e dei sopravvissuti
dei padri e delle madri e dei figli nella città-ombelico del mondo,
col cuore pesante ma lucido,
schiacciati alla terra arrossata
ripetessimo la violenza che ci hanno insegnata
i padri e le madri e gli antenati da sempre,
trovassimo pianto infinito con essi,
trovassimo pace;
perché possano infine i fratelli nemici
guardarsi dello sguardo dell'abisso,
del fulmine, del fiume che travalica gli argini;
guardarsi come solo i rivali
l'uno nell'altro profanati,
e infine rendersi netta religione,
rendersi l'onore
delle armi.  (Riccardo Cavalli)

Un cátaro brucia sul rogo a Montségur


Si è levata da terra una lingua di fuoco.
La guardo, abbagliato.
È un’alba di morte, a Montségur.

Siamo duecento, in questo prato, duecento anime pervicaci e superbe, anime non piegate, mai dome.
Adesso che tutto è finito, ora che anche il nostro ultimo, disperato rifugio, è stato abbattuto, si fa nitido, in noi, il ricordo della battaglia. Il rumore dei dardi, delle pietre scagliate fin sulla cima del monte, si mischia al fumo che sale, all’odore di carni bruciate, agli spasmi, alle urla.
Ma noi, tutti noi, resistiamo.
Noi non abiuriamo.

Mentre ogni cosa, attorno, svanisce, mentre gli occhi si chiudono, arsi, la fiamma si allarga e divampa, contemplo per l’ultima volta il creato e ne scorgo l’inganno. Le rocce, quest’erba, i pendii, persino il fuoco e il sole che sorge di fronte, tutto mi appare davvero per quello che è: un inganno, perpetrato da Satana.
In quest’alba di morte, trionfo di vita vera, non è il male a vincere.

Forse, un domani, quando il fumo si sarà dissolto, e gli echi del vento avranno spazzato le ceneri, qualcuno ritornerà in questi luoghi.
Troverà il prato, e il cielo, e i pendii, e le rocce. Udirà, magari, la voce di Dio, Re d’Amore, la stessa voce che sentiamo noi, ora, che ci sussurra Io so chi siete. Io so, e vi perdono.

Nulla è stato vano; non la lotta, non la nostra fine.
I resti dei compagni parleranno al futuro.
Tutto svanisce, restano le anime.
Non siamo più, ormai. (Niccolò Donelli)

 A seguire, la lezione magistrale del Prof Fausto Cremona,
FARINATA E CAVALCANTE CON «PIÙ DI MILLE» "SOTTO IL VELAME DE LI VERSI STRANI".

Partendo dal Convivio e da alcuni versetti dell’Inferno e del Purgatorio, il Professor Cremona ha evidenziato come Dante metta il lettore in guardia rispetto alla mobilità della lingua, che può dare adito a diverse interpretazioni. ‘Stai attento, lettore, è necessario superare il velame dei versi’


O voi ch’avete li ’ntelletti sani, 
mirate la dottrina che s’asconde 
sotto ’l velame de li versi strani. (Inferno IX, 61-63)

Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, 
chè ‘l velo è ora ben tanto sottile, 
certo che‘l trapassar dentro è leggero(Purgat VIII, 19-21)                     

Il canto X prolunga, in apertura, l’atmosfera di silenzio che chiude il precedente, il silenzio della necropoli della città di Dite, un silenzio quasi surreale tra quelle tombe incandescenti che racchiudono gli eretici, setta per setta. Tuttavia Dante, ‘tra tutti gli eretici che aveva a disposizione, nomina gli epicurei, che eretici non sono’ (Prof Cremona), ma scettici, che si appellavano alla negazione dell’immortalità dell’anima, coloro “che l’anima  col corpo morta fanno” (canto X, 15).
Tra esegesi personale e citazioni di critici e studiosi, il Prof Cremona ha condotto i presenti attraverso il VI cerchio dell’Inferno, dove Dante riconosce  due personaggi strettamente legati al suo destino, Farinata degli Uberti e Cavalcante Cavalcanti; due incontri fra caratteri così diversi, giocati su una costruzione ad incastro “Ma quell’altro magnanimo...” (Canto X, 73). Dopo l’intermezzo patetico di Cavalcante Cavalcanti e la profezia dell’esilio di Farinata, il ricordo di Montaperti, la scoperta della prescienza dei dannati e la citazione di Federico II e del cardinale Ottaviano degli Ubaldini “qua dentro è ‘l secondo Federico e ‘l Cardinale” (Canto X, 119-120), il Canto si chiude con le promesse di Virgilio e “un sentier ch’a una valle fiede, che ‘nfin là facea spiacer suo lezzo” (Canto X, 135-136).

L’evento si è rivelato impegnativo, ma intensamente poetico ed emozionante.

Questo il ‘Cast’
Esegesi critica: Prof Fausto Cremona.
Illustratrici: Benedetta Arcagni, Chiara Belli (studentesse del Liceo Classico), Regina Golinelli.
Lettori: Thomas Emiliani, Edoardo Foppiani, Licia Testa (studenti del Liceo Classico), Alberto Zoni (ex studente), Riccardo Cavalli.
Documentazione foto e video dell'evento: Aminah Folli e altri studenti del Liceo Classico.
Organizzazione e realizzazione: Riccardo Cavalli, Francesco Concari (audio), Niccolò Donelli (testi), Federica Testa (video), membri dell'associazione.
Mara Dallospedale
  




2 commenti:

  1. Meglio che i pubblici amministratori Di Fidenza si occupino della "scola" di Fidenza del 2018, con tutti i suoi problemi, prima di pensare a Dante Alighieri nel Medio Evo.

    Anonimo-0

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    Risposte
    1. Anonimo, non essere così cattivello! Ma non sai quanti dei nostri amministratori borgsàni potrebbero levarsi ritti, come avessero il mondo in gran dispitto, come Farinata degli Uberti, e chiedere a noi tutti: “Chi fuor li maggior tui?”

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