Una finestra sulla cultura è la Lectura Dantis de "La bella Scola" di sabato 6 ottobre al Centro Interparrocchiale San Michele.
Anche a Fidenza quindi si può! Si può fare cultura.
Qualche cenno di cronaca, quanto basta, e spazio ai contenuti in questi "appunti" che la Prof.ssa Mara Dallospedale, tra una tribolazione e l'altra, dopo averli riordinati, ci ha messo a disposizione. Buona lettura.
A.P.
LECTURA DANTIS. INFERNO, CANTO X
ERESIA E POLITICA NELLA ‘CITTA’ DEL FOCO’
ASSOCIAZIONE CULTURALE ‘LA BELLA SCOLA’
CENTRO INTERPARROCCHIALE SAN MICHELE
6 ottobre 2018
In concomitanza con le festività di S. Donnino e la Festa Internazionale
della Storia, studenti ed ex studenti del Liceo Classico di Fidenza hanno organizzato
l'evento LECTURA DANTIS. INFERNO, CANTO X. ERESIA E POLITICA NELLA CITTA’ DEL
FOCO.
Si è trattato di una lezione tenuta dal Prof. Fausto Cremona, già docente
del Liceo fidentino, accompagnata da letture recitate e da suggestioni introduttive
di musica e immagini realizzate dall’Associazione culturale LA BELLA SCOLA.
Dopo i ringraziamenti al Comune per l’opportunità dell’evento, Riccardo
Cavalli, Presidente dell’Associazione,
ha presentato il Canto grazie ad un
breve riassunto e u emozionante percorso multimediale che ha introdotto i presenti in un infernale
ambiente di guerra, riferibile alla battaglia di Montaperti (tra Guelfi e Ghibellini)
e all'eccidio dei Catari dopo l'assedio
di Montségur (1244).
Lapidarie e molto coinvolgenti
le parole di Riccardo Cavalli e di Niccolò Donelli, sottofondo alle fiamme e allo
spietato combattimento in cui politica ed eresia sembrano fondersi.
La guerra.
La
guerra infame che sentiamo prima
dentro
di noi;
ch'è
sempre fatta da congiunti, da parenti, da fratelli
contro
i congiunti, i parenti ed i fratelli;
la
guerra ch'è massacro indiscriminato
irresistibile
perché nato
dalle
braci dei legami di sangue
pulsanti
sotto la cenere,
sotto
i marmi delle strade e dei palazzi che divorano le fiamme
-
appiccate da ogni parte, come prendono bene!
Balugine
d'un attimo nel buio,
e
subito miccia, incendio irresistibile;
prima
come il fiume melmoso s'arresta nello stallo
e
accumula le forze,
comprimendo
all'insopportabile il suo seme di violenza;
poi
come la scarica letale
travalica
gli argini,
rompe
le paratìe ai cavalli in fuga,
dall'uno
all'altro in un istante
tutti
sono uno
nella
furia sterminatrice:
uniti
nel fiotto di corrente irresistibile
l'uno
nell'altro tutti sono uno.
Però
la guerra è ancora prima
di
dentro di noi, la guerra è la madre
di
tutte le cose;
ce
l'hanno insegnata i nostri padri
e
le madri, gli antenati da sempre,
che
l'avevano imparata dai padri
e
le madri, gli antenati da sempre,
e
così indietro fino al buio
che
avvolge le cose eterne;
la
guerra, nel paese-ombelico del mondo,
è
la radice oscura che accende
e
rende fertile l'erba delle colline e la terra,
la
arrossa e la devasta come doveva essere,
perché
così doveva essere da sempre;
perché
infine, insanguinati e lordi
col
cuore pesante dei morti e dei sopravvissuti
dei
padri e delle madri e dei figli nella città-ombelico del mondo,
col
cuore pesante ma lucido,
schiacciati
alla terra arrossata
ripetessimo
la violenza che ci hanno insegnata
i
padri e le madri e gli antenati da sempre,
trovassimo
pianto infinito con essi,
trovassimo
pace;
perché
possano infine i fratelli nemici
guardarsi
dello sguardo dell'abisso,
del
fulmine, del fiume che travalica gli argini;
guardarsi
come solo i rivali
l'uno
nell'altro profanati,
e
infine rendersi netta religione,
rendersi
l'onore
delle
armi. (Riccardo Cavalli)
Un cátaro
brucia sul rogo a Montségur
Si è levata da terra una lingua di fuoco.
La guardo, abbagliato.
È un’alba di morte, a Montségur.
Siamo duecento, in questo prato, duecento anime pervicaci e
superbe, anime non piegate, mai dome.
Adesso che tutto è finito, ora che anche il nostro ultimo,
disperato rifugio, è stato abbattuto, si fa nitido, in noi, il ricordo della
battaglia. Il rumore dei dardi, delle pietre scagliate fin sulla cima del
monte, si mischia al fumo che sale, all’odore di carni bruciate, agli spasmi,
alle urla.
Ma noi, tutti noi, resistiamo.
Noi non abiuriamo.
Mentre ogni cosa, attorno, svanisce, mentre gli occhi si chiudono,
arsi, la fiamma si allarga e divampa, contemplo per l’ultima volta il creato e
ne scorgo l’inganno. Le rocce, quest’erba, i pendii, persino il fuoco e il sole
che sorge di fronte, tutto mi appare davvero per quello che è: un inganno,
perpetrato da Satana.
In quest’alba di morte, trionfo di vita vera, non è il male a
vincere.
Forse, un domani, quando il fumo si sarà dissolto, e gli echi del
vento avranno spazzato le ceneri, qualcuno ritornerà in questi luoghi.
Troverà il prato, e il cielo, e i pendii, e le rocce. Udirà,
magari, la voce di Dio, Re d’Amore, la stessa voce che sentiamo noi, ora, che
ci sussurra Io so chi
siete. Io so, e vi perdono.
Nulla è stato vano; non la lotta, non la nostra fine.
I resti dei compagni parleranno al futuro.
Tutto svanisce, restano le anime.
Non siamo più, ormai. (Niccolò Donelli)
A seguire, la lezione
magistrale del Prof Fausto Cremona,
FARINATA E CAVALCANTE CON
«PIÙ DI MILLE» "SOTTO IL VELAME DE LI VERSI STRANI".
Partendo dal Convivio e da alcuni versetti dell’Inferno e del
Purgatorio, il Professor Cremona ha evidenziato come Dante metta il lettore in
guardia rispetto alla mobilità della lingua, che può dare adito a diverse
interpretazioni. ‘Stai attento, lettore, è necessario superare il velame dei
versi’
O voi ch’avete li ’ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ’l velame de li versi strani. (Inferno IX, 61-63)
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
chè ‘l velo è ora ben tanto sottile,
certo che‘l trapassar dentro è leggero(Purgat VIII,
19-21)
Il canto X prolunga, in apertura, l’atmosfera di silenzio che
chiude il precedente, il silenzio della necropoli della città di Dite, un
silenzio quasi surreale tra quelle tombe incandescenti che racchiudono gli
eretici, setta per setta. Tuttavia Dante, ‘tra tutti gli eretici che aveva a
disposizione, nomina gli epicurei, che eretici non sono’ (Prof Cremona), ma
scettici, che si appellavano alla negazione dell’immortalità dell’anima, coloro
“che l’anima col corpo morta fanno”
(canto X, 15).
Tra esegesi personale e citazioni di critici e studiosi, il Prof
Cremona ha condotto i presenti attraverso il VI cerchio dell’Inferno, dove
Dante riconosce due personaggi
strettamente legati al suo destino, Farinata degli Uberti e Cavalcante
Cavalcanti; due incontri fra caratteri così diversi, giocati su una costruzione
ad incastro “Ma quell’altro magnanimo...” (Canto X, 73). Dopo l’intermezzo
patetico di Cavalcante Cavalcanti e la profezia dell’esilio di Farinata, il
ricordo di Montaperti, la scoperta della prescienza dei dannati e la citazione
di Federico II e del cardinale Ottaviano degli Ubaldini “qua dentro è ‘l secondo
Federico e ‘l Cardinale” (Canto X, 119-120), il Canto si chiude con le promesse
di Virgilio e “un sentier ch’a una valle fiede, che ‘nfin là facea spiacer suo
lezzo” (Canto X, 135-136).
L’evento si è rivelato impegnativo, ma intensamente poetico ed
emozionante.
Questo il ‘Cast’
Esegesi critica: Prof Fausto
Cremona.
Illustratrici: Benedetta
Arcagni, Chiara Belli (studentesse del Liceo Classico), Regina Golinelli.
Lettori: Thomas Emiliani,
Edoardo Foppiani, Licia Testa (studenti del Liceo Classico), Alberto Zoni (ex
studente), Riccardo Cavalli.
Documentazione foto e video
dell'evento: Aminah Folli e altri studenti del Liceo Classico.
Organizzazione e
realizzazione: Riccardo Cavalli, Francesco Concari (audio), Niccolò Donelli
(testi), Federica Testa (video), membri dell'associazione.
Mara Dallospedale
Meglio che i pubblici amministratori Di Fidenza si occupino della "scola" di Fidenza del 2018, con tutti i suoi problemi, prima di pensare a Dante Alighieri nel Medio Evo.
RispondiEliminaAnonimo-0
Anonimo, non essere così cattivello! Ma non sai quanti dei nostri amministratori borgsàni potrebbero levarsi ritti, come avessero il mondo in gran dispitto, come Farinata degli Uberti, e chiedere a noi tutti: “Chi fuor li maggior tui?”
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