Ogni giorno il sistema paese perde 164 milioni di euro: è il costo dell’italian sounding, cioè dei prodotti agroalimentari finti italiani.
Mozzarelle che si chiamano Vesuvio o Dolce Vita prodotte in Nuova Zelanda, l’ormai celebre Parmesan e altri simili: la quasi totalità dei sughi pronti per pasta o dei provoloni venduti dalla grande distribuzione negli Stati Uniti e nel cui logo compare anche il tricolore, in realtà sono stranieri.
È uno dei dati riportati in Cibo criminale, il libro inchiesta firmato da due giornalisti, Mara Monti de Il Sole 24 ore, e Luca Ponzi, della Rai, edito da Newton Compton e giunto ormai alla seconda edizione.
Tutto ciò che si definisce Made in Italy nel settore agroalimentare vale molto di più, per questo è oggetto continuo di aggressione. La mozzarella di bufala, eccellenza assoluta che dovrebbe rispettare un severissimo disciplinare, in realtà viene prodotta da cagliate provenienti dalla Germania, così come il concentrato di Pomodoro, che pur avendo il marchio Made in Italy è ricavato allungando con acqua e sale triplo un concentrato cinese.
L’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, quand’era procuratore nazionale antimafia, aveva pronunciato questa frase: “è come se ogni italiano avesse aggiunto un posto a tavola per la criminalità organizzata: c’è un criminale che oggi sta seduto attorno a noi e che gode del fatto che, dovendo noi consumare dei pasti, paghiamo una parte di denaro in più rispetto a quanto dovremmo, a fronte di una qualità inferiore”.
Perché tutte le mafie, non solo quelle italiane, fanno affari con il cibo.
Il lavoro di Monti e Ponzi lo documenta nel dettaglio. Partendo da una vicenda simbolo, quella dello sbollo dei prosciutti: cambiando il marchio d’origine dalle cosce di maiale, si aumenta notevolmente il loro valore. Una coscia tedesca costa 40 centesimi al chilo in più rispetto ad una danese, cifra che sale a un’euro e mezzo se la si fa diventare italiana.
Per coprire lo sbollo dei prosciutti, nel 2002 un macellaio tunisino è stato ammazzato, in provincia di Reggio Emilia, dai titolari della cooperativa che gli dava lavoro e che lui ricattava. Durante le indagini sono emersi rapporti dei servizi segreti e telefonate provenienti dalla Sicilia in cui si chiedeva conto degli affari da milioni di euro.
La camorra gestisce la filiera della falsa mozzarella così come l’arrivo dei formaggi dall’Europa dell’Est da trasformare in grana padano o parmigiano reggiano. Seguono le stesse rotte, attraverso il Marocco e la Spagna, delle grandi partite di hashish.
E la mafia, è documentato in Cibo Criminale, è la prima a cogliere le opportunità fornite dagli aiuti europei all’agricoltura: i boss di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra si sono spartiti gran parte dei miliardi di euro che avrebbero dovuto rilanciare il Mezzogiorno.
Questo è Cibo Criminale, che nasce anche dall’esigenza di tutelare uno dei pochi comparti da cui può partire la ripresa economica dell’Italia.
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