La chiesa di S. Antonio Abate data dalla fine del secolo XII o dall'inizio del XIII. Eretta dai religiosi antoniani aveva annesso un convento ed un ospedale per pellegrini. Nei secoli subì numerose modifiche, fino al 1812 era affiancata da un porticato sul lato stradale. Sempre nel 1812 a motivo dell'atterramento della chiesa della Madonna delle Grazie divenne chiesa parrocchiale della parrocchia dei santi Faustino e Giovita. Tracce di pittura e alcuni disegni permettono di concludere che l'interno e parte dell'esterno della chiesa erano dipinti.
Dopo un lungo periodo di abbandono e ridotta in stato precario nel 1969 fu restaurata per iniziativa della locale sezione di Italia Nostra e portata all'attuale stato. All'intervento di restauro partecipò un gruppo di giovani volontari olandesi. Attualmente la chiesa è affidata alla comunità ortodossa di Fidenza che vi celebra i suoi riti. E' quindi, diversamente della chiesa di San Michele Arcangelo situata all'altro estremo del centro della città, una chiesa viva e non declassata a monumento.
Dopo un lungo periodo di abbandono e ridotta in stato precario nel 1969 fu restaurata per iniziativa della locale sezione di Italia Nostra e portata all'attuale stato. All'intervento di restauro partecipò un gruppo di giovani volontari olandesi. Attualmente la chiesa è affidata alla comunità ortodossa di Fidenza che vi celebra i suoi riti. E' quindi, diversamente della chiesa di San Michele Arcangelo situata all'altro estremo del centro della città, una chiesa viva e non declassata a monumento.
Il continuo riporto di materiale per la manutenzione del fondo stradale lungo l'adiacente via Emilia ha affossato la chiesa sul lato nord.
E' tutelata per legge dal decreto 22 luglio 1911 L. 364 del 1909.
La sua posizione e le sue caratteristiche ne fanno il punto d'inizio ideale per il percorso cittadino legato alla tradizione del pellegrinaggio turistico e culturale che oggi si sovrappone a quello religioso. Il lato nord adiacente alla via Emilia |
Porta sul lato nord affossata dal livello stradale |
La sistemazione campanaria |
In questo disegno la tradizionale fiera di san Antonio con la benedizione dei cavalli. Oggi non abbiamo la fiera, ma nemmeno i cavalli. |
Le chiese romaniche, quale che sia poi la variazione di stile di tipo regionale, dalla Lombardia, alla Toscana, al Meridione, fino alla Sardegna, emanano sempre una sacralità silenziosa, solenne, umile e contenuta, che richiama alla semplicità del verbo evangelico e mette in contatto diretto l'anima con la grandiosità di Dio Padre e del Figlio Suo.
RispondiEliminaHo un lontano ricordo della sfilata di cavalli e cäretêr in pompa magna, che attraversavano Borgo il 17 Gennaio, per recarsi a la cieša äd Sant'Äntòni Äbè. Era un giorno di grande festa, mia madre cucinava j'òss äd gugnén nel cui brodo cuoceva èl rîš cum la verža e friggeva le prime frittelle di Carnevale. Il sedici sera si celebrava l'ültim cävdón, cioè l'ultima vigilia, con tagliatelle, pesce fritto, spongata e frutta secca.La fiama 'd cävâl (escrementi) par la strè? Nessuna paura e nessun ribrezzo. Molti ne facevano incetta per concimare orticello e giardinetto. Oggi, dovrebbe fare molto più schifo ciò che esce dai tubi di scappamento delle auto, invece no. Ripugna un po' d'erba, le foglie secche per terra e dieci centimetri di neve sull'asfalto.
RispondiEliminaSempre col pensiero al libro dell'abate Zani che sto correggendo e ampliando, penso proprio di approfittare (visto che me lo ha proposto così gentilmente via mail) delle riproduzioni di due disegni di Ettore Ponzi apparsi su questo blog, per arricchire di immagini il lavoro. Uno è questo con la fiera di S. Antonio Abate, fresca e movimentata scena con la benedizione dei cavalli nel prato circostante la chiesa, l'altro riprende il grande edificio della Posta dei Cavalli, quando era ancora isolato in mezzo alla campagna, con una carrozza in arrivo. Penso che per capire un personaggio del passato, bisogna immaginare il suo tempo e quello che vedevano i suoi occhi, cosa molto difficile. Questi disegni ci riportano in tempi lontani, che forse assomigliano a quelli dello Zani. E visto che un'immagine vale più di cento parole...
RispondiEliminaGrazie ancora, signor Ambrogio
saluti Mirella Capretti