Ci sono luoghi che più di altri restano nella memoria del cuore e diventano luoghi magici che ci parlano con le voci di allora. (A.P.)
La Claretta ieri |
“Claretta!!!Claretta!!! Mo indù éla
‘ndäda cla rägasa là? L’era ché ädèssa c’la mè šlungäva
èl mujötti da dästendar la büghè“. Diceva mia zia, prima di
rientrare nella casa vicino al Cimitero, cum la sò šgarbagna* vöda.
Sui fili tirati nel prato, dove ora sorge il parcheggio del Cimitero,
aveva già sciorinato tutta la biancherìa ed il candore delle
lenzuola, rifletteva un sole che abbagliava noi e i pochi passanti.
“La sarà da la funtana sicür ‘me l’ôr!” Sentenziava mia
nonna. Allora non passavano auto, in Via Marconi e se c’era stallo
nel transito dei treni, si sentivano anche le mosche volare. Così,
mentre mettevo le mani sotto l’acqua della fontana, udivo la
chiamata e rispondevo subito. “Ve via däd lé ca’t tè bâgn
tüttaaa!!! Sporcät mîa, ca gh’é tütt èl marògniii!* Gh’é
i räžar!!! Gh’é èll j’urtighi!!!
Vieni a fare merenda che ti
ho manito il pane col burro e la mela!!!”* Non c’era verso di
restare a trastullarmi , un poco, accanto a quella fontana che mi
piaceva tanto e smisi di andarci. Eppure era a pochi metri da casa,
sotto la scarpata della ferrovia, appena girato èl Vultón a man
mänsen’na, pr ändèr da Costa.
La sua acqua alimentava un
piccolo fosso (quäsi un surcädèll)
che percorreva tutta Via Marconi e che fu, in parte, coperto negli
anni cinquanta. Ho sempre avuto sentore che, la fontana mi
fosse proibita per un motivo diverso da quello del bagnarsi o
sporcarsi o quant’altro, ma non ho mai osato chiedere nulla.
Claretta Ferrarini
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*šgarbagna = enorme cesta senza manici per il pane e la biancherìa
*marògni = rifiuti di carbon fossile
combusto di quando i treni andavano a carbone.
*mela = miele
Il "voltone" oggi, la fontana era sulla destra un poco oltre il muro che tiene il terrapieno. |
La casa oggi |
Claretta, io, purtroppo, non mi ricordo di quella fontana; scendevo spesso, da Salso a Fidenza, con mia mamma, che andava da Bersani a farsi fare le scarpe e in Confetteria, o si recava a trovare delle sue colleghe insegnanti, la Giannina Zucchi, la Baruffaldi e la preside Grigato Bernazzoli. Poi a Fidenza, dal '58 al '60, ho frequntato il Ginnasio alla Carducci, ed avevo una compagnma di classe che abitava dalle parti del Voltone, una certa De Blasi. Ma la fontana era già stata tolta di mezzo, evidentemente. Il tuo racconto è come sempre, lineare, efficace, fa risaltare cose e persone di un passato che pare appartenere ad un'era geologica fa, tanto le cose risultavano più semplici ed umane.
RispondiEliminaAnch'io non ricordo questa fontana, ma, da come se ne parla, sembra fosse suggestiva, come ogni zampillo d'acqua, che con il tempo si esaurisce. Fa similitudine con la vita.
RispondiEliminaDal vulton ci andavo spesso, ma non potevo neppure io avvicinarmi alla fontana perchè le mie scarpette bianche candide " pitturate " di fresco, non mi permettevano ne di bere, ne di lavarmi le mani, le avrei " inzozzate"; allora sì che sarebbero stati guai. Mi stimavo però , per le mie scarpe candide.
RispondiEliminaDi recente, un caro amico mi ha detto che quello, era un periodo di molti silenzi.
RispondiEliminaNon voglio offendere nessuno, ma mi sembra che Fidenza non abbia capito l'importanza di quell'acqua ferruginosa in grado di curare anche le diverse forme di anemia. Mi risulta che, Fidenza, non comprendesse neppure la valenza delle acque di Tabiano e di Salsomaggiore. Se si guardano i registri delle Terme di entrambe le città, si trovano ben pochi fruitori di Fidenza. Forse dietro quella proibizione, c'era soltanto ignoranza.
RispondiEliminaEra mio incarico andare alla fontana a far rifornimento. Non ho mai capito se il ferro fosse quello naturale dell'acqua o quello che, civile o residuato bellico, si trovava in zona.
RispondiEliminaI silenzi di aprile e maggio durano da 68 anni ma pochi ormai i testimoni.