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domenica 29 dicembre 2019

Racconto di fine anno: Nello, il calzolaio coi baffi



Dalla penna di "effe" intinta nell'inchiostro, eventualmente "fatto in casa" utilizzando le proprietà delle noci di galla da tannino, è uscito questo pezzo che propongo alla vostra lettura. 
Rimanda al nostro vecchio Borgo di almeno 90 anni fa quando, in questa stagione, i piedi si scaldavano in vano della stufa a legna prima di uscire e, soprattutto, appena si rientrava, ma questo "effe" non lo richiama perché preferisce parlarci del  di un calzolaio, di nome Nello che aveva il suo laboratorio poco discosto dalla "Spagna", la piazza che oggi è un quadrivio con una finta pompa al centro. 
Da questo luogo anche oggi puoi ammirare in fondo alla via l'abside del duomo e, se ti sposti a destra l'infilata del portici del palazzo comunale, volgendo invece dall'altra parte ti ritrovi il fianco del teatro Magnani.  
A. P.

Il salotto di Nello, il calzolaio coi baffi

C’è stato un tempo in cui non c’era bisogno di scarpiere, per un semplice motivo: le scarpe scarseggiavano. Molti portavano “le scarpe che mamma ti fece che non mutasti mai da quel dì”.
Molti altri possedevano calzature improbabili, ciabatte fatte in casa, zoccoli, scarpe da ginnastica bianche lavate e ripulite con il bianchetto, un paio, e dico uno, di scarpe! Che servivano tutto l’anno e passavano da un fratello all’altro fino alla loro eliminazione.
In un certo periodo, per evitare l’usura si erano scoperti i ferri che si mettevano sulla punta e sul tacco! Probabilmente si imitavano i ferri dei cavalli.
Qualcuno forse comprava molte scarpe perché nel negozio di Cortellini si vedevano i gioielli desiderati di bellissime calzature: non erano per noi.
Il fornitore del nostro abbigliamento dei piedi era Baistrocchi al quale siamo profondamente riconoscenti. 
Data questa situazione si può capir l’importanza che aveva il calzolaio-espresso il quale sistemava in poco tempo e con poca spesa l’oggetto indispensabile per i nostri piedi. Il buco della suola, la tomaia scucita, il tacco staccato e persino il colore della pelle erano sistemati con facilità.
Il suo laboratorio era uno stanzino, tre per quattro metri, posto in un seminterrato. Il piccolo locale era pieno di cose che si potevano ammirare poiché, molto spesso, la sistemazione del danno nelle scarpe si doveva fare mentre il cliente aspettava … per via del cambio! Le pareti erano ricoperte da scaffali sui quali, in bell’ordine erano poste le scarpe risuolate più o meno vecchie.
C’era anche una macchina da cucire per le pelli e un importante deschetto su quale, sempre in ordine, erano chiodi, puntine, pece, trincetti, forbici: tutti gli strumenti dell’artista! Entrando si era accolti da un profumo di lucido per le scarpe e di pelle e di … umanità. 
Il protagonista, Nello, aveva un grembiule di cuoio spesso un cappello e sempre un paio di baffi. Con il viso sorridente egli accoglieva le persone e c’erano sempre un paio di seggioline pronte a rendere più comoda l’attesa. La radio sempre accesa offriva il sottofondo musicale alla situazione.
Però, mentre le abili mani compivano l’opera di sistemazione del nostro oggetto, la conversazione era molto piacevole.
Nello parlava di tutto con semplicità e competenza a volte si accendeva per la politica, altre illustrava la sua passione per la musica, sempre i suoi discorsi offrivano motivo di riflessione sulla vita dell’uomo.

Un salotto! Dal quale si usciva soddisfatti con le scarpe rinnovate, ma anche con il cuore e la mente arricchiti dal contatto con una personalità accattivante e profondamente vera.

Le botteghe rinascimentali erano così: luoghi nei quali l’uomo sapeva “pensare con le mani”.

effe


1 commento:

  1. Bello! Mi sento di precisare che l'attuale Via Micheli, prima che il piccone risanasse l'Oriola negli anni trenta, era Via Cavour e si chiamava così, sino dall'Osteria del Marlüss (poi Pizzati) di fianco al Duomo. L'attuale Via Cavour, dritta sino a Piazza Grandi, non esisteva nel tratto che va da Via Vito Aimi, alla piazza-giardino. Lì erano tutte case e casupole, poi abbattute o risanate, sino a fare posto all'attuale Via Cavour, chiamata, da chi non è di Fidenza "Il Corso".

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