“Nel lavatoio di Piazza Grandi nemmeno i rospi hanno un futuro”. Per questa mia testimonianza, a me molto cara, parto da lontano: da un post di Ambrogio Ponzi del 5 marzo 2021. Piazza Grandi, un tempo non poi così lontano, era un ameno giardino che rallegrava la vista e lo spirito.
Dalla tarda
primavera al primo autunno, quando la temperatura e la stagione lo
permettevano, ovviamente, le panchine erano occupate dalle borghigiane che vi
abitavano accanto: chi sferruzzava la lana o lavorava all’uncinetto tra tante
chiacchiere e conversazioni che intrattenevano anche i passanti, insomma, un
brioso angolo della nostra città.
Foto del 1960 (dalla preziosa Collezione di Mario Anselmi) |
“Regine” del luogo erano Mafalda e Iole Cocchi. Mafalda per lunghi anni bidella presso la Scuola Media ed attiva “vedova di guerra”, sia lei che la sorella Iole possiamo definirle “donne di una volta” a cui erano sacri i valori della famiglia, dell’amicizia, degli affetti e della disponibilità. Poi ricordiamo, tra le tante frequentatrici assidue, la Bice e la Linda äd Zävarón, Cloe Bosi, Iva Marocchi (la moglie di Domenico Toscani).
Nei pomeriggi di festa si aggiungeva la sorella di Iole e Mafalda, Maria, sposata con Mario Gorreri, il fidentino reduce dal fronte sovietico della seconda guerra mondiale di cui si è parlato recentemente unitamente alla famiglia russa che quasi 80 anni fa lo salvò da morte certa sfamandolo ed assicurandogli un luogo sicuro, riparo e ristoro.
In segno di gratitudine Mario Gorreri regalò alla famiglia la gavetta militare che aveva in dotazione, su cui aveva inciso il proprio nome, cognome e la scritta “Fidenza”, in segno di ricordo della città d’origine. Mario, verso sera, veniva a prendere la moglie Maria per rientrare a casa – abitavano in Via Oberdan.
Non avevo mai sentito Mario parlare di Russia, né la moglie o le cognate erano mai entrate nell’argomento … era il tacere volontariamente notizie o circostanze che si potevano o si dovevano dire con orgoglio: esperienze vissute, sofferte e provate che, però, rappresentavano un comune denominatore per tutti i reduci: non parlarne più. Per i nostri militari fu determinante l’aiuto dato dalle famiglie russe: il soldato italiano fu percepito come vittima di una guerra invisa e non come la figura moralmente deprecabile di invasore.
Anche mio padre, Ugo Secchi, fu tra quelli che trovarono aiuto presso famiglie che si privavano del loro “poco” ma che condividevano la loro miseria con i nostri soldati. Ho saputo solo queste poche parole da mio padre: anche lui, come Mario Gorreri, e molti altri, non accennò mai a quella esperienza, a quegli eventi che, pensandoci oggi, avranno senz’altro lasciato un segno indelebile nel loro vissuto, nel pensiero e nei loro ricordi.
Mi sono riallacciato
alla recente cronaca che ha visto l’episodio di Mario Gorreri per pubblicare un
documento relativo a mio padre: un documento di cui – come dicevo – non si è
mai parlato e che ho scoperto proprio in fondo ad un cassetto che, ancora dopo
anni, custodisce i “reperti” paterni.
E’ sbiadito, si legge appena appena. Carta intestata del 2° Autoraggruppamento d’Armata e la data 3 luglio 1942 XX. Il Colonnello Achille Paolini firma il testo:
“Sono lieto di poterti inviare una copia dell’Ordine del Giorno, nel quale è riportato l’ambito riconoscimento a te tributato dal Sig.Generale Intendente dell’8^ Armata per l’opera patriottica portata nel recupero di materiale prezioso per l’industria bellica nazionale. Il premio in denaro sarà corrisposto in Patria ai tuoi cari che, in tal modo, parteciperanno alla tua soddisfazione e saranno fieri di te. L’elogio del Sig. Generale, il “bravo” del tuo Colonnello, la coscienza del dovere compiuto ti siano di incitamento ad essere, anche per l’avvenire, un buon soldato ed un bravo italiano.
All’autiere Secchi Ugo – 97° Autoreparto Pesante - P.M. 102
Anche
questo ricordo, questo riconoscimento, mi riempi di gioia e, soprattutto, di
orgoglio … fa ancora piacere - per me - leggere pagine se pur consumate dal
tempo, ma ricche di significati ed ideali e quanti sarebbero ancora gli eventi
da poter raccontare prima che venga cancellata e dispersa ogni memoria.
Nino
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