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martedì 15 maggio 2018

"La lettura ti porta ovunque, non sei mai solo ..." di Marisa Guidorzi


Confessioni...

Il mio incontro con i libri e l'incanto della scrittura
di Marisa Guidorzi

Non sapevo ancora leggere, ma,se per qualche malanno ero costretta a letto, c'erano due grandi libri illustrati, in bianco e nero, da sfogliare. Copertina azzurra, pesanti, da trattare con rispetto, erano di nostro padre.
Con il tempo imparai a riconoscere il Duomo di Milano  su uno e i Mori di Venezia sull'altro. Si trattava di due volumi della collana “Attraverso l'Italia “del Touring  Club Italiano. Nella mia vecchia casa ci sono ancora, sono conservati , abbiamo imparato presto ad amare i libri come un bene, ci è stato trasmesso il senso del loro valore.
Altro libro entrato nei ricordi d'infanzia era “I tre boys scouts”, che non feci in tempo a leggere perché ad un certo punto fu introvabile, era stato prestato... Ricordo le immagini che solo più tardi compresi riguardare il mondo di Baden Powell. Anche quello era di nostro  padre e gli era particolarmente caro.
Scoprire la scrittura fu un'esperienza bellissima, entrare nel segreto di quegli strani segni lo considero un regalo che non ha paragoni. La lettura ti porta ovunque, non sei mai solo, puoi sognare, pensare, immaginare, “vedere” anche con gli occhi degli altri.
Mia nonna, nata nel 1873, aveva frequentato solo la prima e la seconda elementare, ma aveva un grande interesse a conoscere. Leggeva i nostri libri di scuola,  rifletteva sui racconti e ne traeva spunti che richiamava spesso. Tutto quello che era scritto la attirava: leggeva, comunicava e amava ascoltare.
Con lei affrontai la prima difficoltà di una poesia a memoria, “Orfano”di Pascoli. Ero sconsolata, la raggiunsi nella stalla dove nei  pomeriggi d'inverno sferruzzava e stava al caldo...e si compì l'incantesimo, superai la mia insicurezza.
L'acquisto di libri in quegli anni  di Dopoguerra non era previsto nell'economia domestica, a meno che si trattasse di testi scolastici. Era più facile ricevere qualche libro  in regalo da un parente o da amici.
Sapevamo tuttavia come arrangiarci:  entrava in campo il prestito. Ogni volta che qualcuno si assentava dalla scuola ed era ammalato arrivavano le compagne con qualche libro. In questo modo ho letto tantissimo: Alcott, Dickens, Swift, Burnett, De Amicis, Mapes Dodge....
Non lasciavo (e non lascio) mai un libro a metà, lo finivo comunque, avrei concluso che non mi piaceva e non lo avrei consigliato , secondo il mio punto di vista.
Grande difficoltà , tuttavia,  incontrai con “Robinson Crusoe”. Più volte iniziato e lasciato. Dopo le prime pagine il pensiero del naufrago, solo su una terra sconosciuta, nel silenzio, sprovvisto di tutto, senza che potesse ricevere aiuto, mi dava una sensazione di smarrimento ed angoscia che mi spingevano a cercare la prima persona che potessi incontrare per calmare la mia ansia. Solo al tempo delle superiori potei leggere quelle avventure, quando ormai ero in grado di mantenere un certo  distacco.
Ci eravamo trasferiti in paese per essere più vicini alla scuola ( non esisteva il bus, solo gambe e bicicletta ...per chi ce l'aveva!). Nella mia via un negozio mi vedeva spesso davanti alle sue mini- vetrine, era una cartolibreria fornita di pennini di tutte le forme, ma soprattutto di libri. Il proprietario  era un appassionato ed un intenditore, a lui si rivolgevano gli studenti universitari, le pareti del suo studio erano ricoperte dagli scaffali traboccanti di libri: il mio sogno.
Nella nostra casa non arrivò mai un' Enciclopedia, attingevamo ciò che ci serviva dai libri su cui altri della famiglia già avevano studiato. Ricordo le mie ricerche di geografia sul Nangeroni di mio fratello: Lonigo fiera dei cavalli, Saragozza coltelli, Coimbra- Lovanio-Oxford sedi di antiche università, Maniago coltellerie, Birmingham pennini...Sfogliavo e cercavo e intanto memorizzavo. Imparai, prima di cominciare a viaggiare, a conoscere l'Italia con le cartine stradali di nostro padre e con la serie di pubblicazioni del T.C.I.
C'è ancora il Nuovissimo Melzi con le due sezioni, linguistico e scientifico, acquistato negli anni Venti probabilmente di seconda mano. Ritengo che il dizionario sia il compendio di tutto il sapere. Basta una parola e sei portato in un viaggio all'infinito tra le righe e le pagine in una continua ricerca e conoscenza.

Mi trovavo tra due fratelli maschi e ho sempre letto quello che capitava in casa, dal “Vittorioso”all' “Intrepido”, mi piacevano i fumetti sulla Legione Straniera, “Capitan Miki” con i suoi amici Salasso e Doppio Rhum.  Nembo Kid...
Una compagna di scuola invece mi passava i fumetti di Topolino e Paperino che comprava più perchè, circondata da zie e zii piuttosto anziani, aveva sempre disponibilità di denaro, che per un vero interesse alla lettura.
In terza media arrivarono nella biblioteca scolastica tanti nuovi libri, ma nella distribuzione mi fu assegnato un titolo che ritenni da 'maschi' , me lo portai a casa malvolentieri e brontolai per tutto il pranzo, i miei non mi presero in considerazione , come se la cosa non li riguardasse.  Si trattava di “Iolanda, la figlia del Corsaro Nero”di Salgàri.
Sempre per il principio che mi interessava leggere, lo presi subito in mano e cominciai con la prima pagina, più per trovare conferma ai miei dubbi  che per altro. Scoprii un nuovo mondo che mi appassionò. Familiarizzai con tutti i “Corsari”, cercai e lessi tutti i libri di quell'autore che mio padre aveva comprato per i miei fratelli alla storica libreria Nanni di Bologna. Dopo Salgàri venne Verne, mi interessava solo poter leggere e “viaggiare lontano”.
Durante l'estate andavo alla biblioteca parrocchiale  e con la complicità di un'amica potevo contare su quattro romanzi la settimana, anziché due .Erano letture leggere, che facevano sognare e mi allontanavano da tutto ciò che mi circondava. Mi rifugiavo in un angolo nascosto oltre la siepe dell'orto dove nessuno sarebbe venuto a cercarmi.
Avevo cominciato a leggere anche i “Gialli “Mondadori: Wallace, Simenon, Agatha Christie...
Un'estate, a corto di libri, una parente mi portò delle pubblicazioni del Ventennio che aveva ritrovato in solaio. Naturalmente lessi tutto: imprese di Arditi in Africa, nella guerra di Spagna, gesta di valore e di coraggio, morti eroiche....
Poi vennero gli anni Sessanta e cominciarono le letture degli autori più impegnati , “engagés”,  non importava se capivi poco o niente di politica, delle crisi di pensiero , della psicanalisi, della lotta al “sistema”, dovevi leggere...
Al primo anno di Università mi associai al Club degli Editori e la lettura era assicurata.
Le più importanti case editrici avevano cominciato a pubblicare collane economiche ,in cui era possibile trovare titoli della letteratura internazionale. Un Oscar Mondadori costava  350 lire, il prezzo di un pasto alla mensa universitaria . Utilizzavo molto il treno e avevo sempre un libro che mi teneva compagnia, una consuetudine che dura ancora.


Oggi?

I libri non sono più un problema, li trovi ovunque  anche gratis, sono spesso puro oggetto di arredamento, certi autori sono un simbolo di distinzione, non puoi non leggerli, non essere informato...
Si presentano e appaiono persone impegnate,  serie, conversano amabilmente, finché, con fare circospetto, quasi timido, come un bambino che non sa se è il momento di recitare la sua poesia,  si piegano ed estraggono il vero scopo del loro intervento in TV: il loro ultimo libro. A quel punto mi sento presa in giro, intrappolata con inganno. Per me gli scrittori sono persone che pensano, come tutti, ma con capacità superiori di espressione e di comunicazione, che danno vita ai sentimenti dei lettori, li sanno emozionare, portano conoscenza.  Mi delude che un compito così alto sia tanto apertamente messo in relazione con il denaro .
Per principio non cerco mai le novità, aspetto che le parole , gli elogi, le promozioni, come il mosto abbiano tempo di diventare buon vino. Forse sono prevenuta, troppo severa, ma ormai posso permettermi di non stare “allineata”, dopo aver cercato di capire come andava il mondo...
Amo i miei libri, li “conosco”ad uno ad uno e ne sono gelosa. Non capisco chi non restituisce un libro ricevuto in prestito.
Posso entrare in libreria sapendo cosa comprare, ma spesso sono i libri che “ comprano “ me con un metro particolare:  titolo, autore, collocazione storica, copertina, spaziatura delle righe...,presentazione e...sesto senso.
I miei libri rappresentano i passi della mia vita, sono i segnali del mio percorso, ad ognuno spesso è legato un ricordo, un'emozione, una svolta , una persona, un luogo,  il bisogno di riempire un vuoto momentaneo.

(M. G. -14/05/'18)

4 commenti:

  1. Marisa, la Sua vicenda di letture nel corso dell’esistenza, assomiglia anche alla mia. Ho iniziato a leggere a 5 anni, mi ricordo ancora i titoloni sui giornali della Guerra in Corea. Poi leggevo e contemplavo di tutto, nella biblioteca dei miei, con libri di letteratura e scientifici. I miei, per Natale e per il compleanno, mi regalavano sempre dei libri. I primi, a 6 anni, furono dei testi sui vulcani, i pianeti e le stelle. Poi lessi tutto di Verne, fino a 10 anni, i 9 volumi di una enciclopedia della UTET. Ero sempre a letto malato anch’io, come Lei, e consultavo l’enciclopedia Pomba, e scrivevo ai miei delle lettere, usando i caratteri fenici ed etruschi. Dagli 8 anni in su, mi sono divorato tutti i romanzi di SF di Urania. Poi, ho sempre letto di tutto, ma poco i giornali, mi confondevano. Da quando, nel 2006, mi è caduta una retina, faccio una fatica tremenda a leggere. Mi sono buttato sui pochi, ma buoni programmi culturali in TV. Il mio prosatore preferito è Verga, il poeta che adoro è Leopardi.

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  2. Che bello, quanto scrivete. Ero (e sono) così anch'io. Del resto, ho scelto di essere una docente di Lettere...
    Sa di altri tempi, assai migliori di questi. I ragazzi (non molti, in verità, come, del resto, gli adulti) leggono ancora, ma è diverso, molto diverso: li devi coinvolgere, interessare, guidare. Quasi nulla che nasca da un desiderio spontaneo.
    Potrei star qui a scrivere all'infinito sulle cause (che, ovviamente, ho analizzato e sono state traccia di alcuni saggi brevi o testi argomentativi scritti), ma devo correggere pacchi di compiti. Mi perdonerete se provo a consigliarvi due belle letture sulla lettura: "L'eleganza del riccio", di Muriel Barbery (è piaciuto molto ad una classe, si sono guardati anche il film, evviva!) e "La sovrana lettrice", di Alan Bennet.

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  3. Franco (nel frattempo, ci siamo telefonati ed, ora, ci diamo del tu), sto iniziando Leopardi in una quarta Liceo. Bel testo "L'arte di essere fragili", di A. D'Avenìa, più impegnativo "Cosa arcana e stupenda" di E. Severino. Mi era piaciuta la pellicola "Il giovane favoloso", ma ho provato la più grande commozione a Napoli, nel Parco Vergiliano di Piedigrotta, dove sono sepolti Virgilio e Leopardi: non sarei più uscita. GIACOMO LEOPARDI è scritto sopra una semplice, bianca, larga ed alta ara con base quadrata e volute ioniche, all'interno di una grotta tufacea, ma molto esposta all'esterno. Accanto rose e viole, come ne "Il sabato del villaggio". Per non dire di Virgilio...Sto finendo "Eneide" in una seconda e me ne dispiace...

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    1. Leopardi è sempre stato il mio poeta preferito, nessuno ha mai cantato la prima giovinezza in modo,così struggente, incantato, ma disilluso, affranto, disperato e favoloso. Mi incantano anche gli Ermetici. Le tre righe desolate di Quasimodo, “Ognuno sta solo...” sono mirabili, timriassumono un’esistenza in pochi secondi. E il più grande prosatore, per me, non è Manzoni, ma Verga. Non cito nemmeno Dante, un outsider.

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