Sabato 19 maggio nel cortile del Municipio l'iniziativa "TESTO... PRETESTO" ha proposto un incontro dedicato a chi, nel nostro piccolo comune, crede alla scrittura e la pratica con passione.
Nella BALLATA DEGLI SCRITTORI FIDENTINI abbiamo quindi "partecipato" (anche gli spettatori partecipano) ad un dialogo e confronto fra gli scrittori fidentini coordinato dal nostro Nino Secchi che tutti conosciamo.
Era presente l'assessore alla cultura Prof.ssa Maria Pia Bariggi che, a pieno titolo, è la vera anima dell'intero progetto "TESTO... PRETESTO; lo ha ideato, proposto e seguito nella fase organizzativa, unitamente all'Ufficio Cultura del Comune di Fidenza diretto dalla Dott.ssa Barbara Usberti.
Maria Pia Bariggi ha introdotto l'incontro, poi, nel durante, ha via via accompagnato gli scrittori nel breve tragitto tra il luogo di ascolto e quello predisposto per la presentazione della personale esperienza. Una forma di gentile attenzione sia all'incallito scrittore che ai quasi esordienti ragazzi, c'erano anche loro i giovani.
Sua l'espressione in titolo a memoria "A Fidenza si scrive,eccome!" come sua l'idea di coinvolgere il fidentino Luca Ponzi, scrittore per professione come giornalista televisivo RAI, ma anche amante della parola, della scrittura e delle penne stilografiche.
Riportiamo più avanti il testo che Luca Ponzi ha preparato per l'occasione, poteva anche essere letto ma Luca ha preferito il parlato allo scritto pur affrontando tutti i punti, diversamente miscelandoli.
.... il piacere di scrivere ....
È bello essere qui, per raccontare una passione che accomuna tanti, il piacere di scrivere. Ed è bello farlo nella nostra città. Parlo di me solo per un istante. Io scrivo, per mestiere, ogni giorno da oltre trent’anni. Ma scrivo anche per passione, come ognuno di voi, nel tempo libero. E non è la stessa cosa.
Hanno indagato in tanti, sull’importanza dello scrivere, sull’urgenza dello scrivere. consiglio, a chi vuole divertirsi un po’, di leggere le interviste ai grandi scrittori di Paris Review, rivista letteraria americana, ripubblicate da Fandango.
Chi scrive, per qualsiasi ragione razionale lo faccia, persegue anche un altro obiettivo: scoprire qualcosa di più di sé stesso. Affidando alla pagina pensieri e analisi altrimenti difficili da gestire con i meccanismi consueti. Ecco perché, probabilmente, ci divertiamo tanto a scrivere. ecco perché anche tanti giornalisti, che pure ogni giorno sono costretti a scrivere per professione, lo fanno anche nel tempo libero.
C’è un altro motivo, a mio avviso, comune anche ad altre forme d’arte, ad altre espressioni creative. Lo scrivere ci consente in qualche misura di esorcizzare la paura della fine, la consapevolezza della nostra caducità. Quello che abbiamo inventato, quello che abbiamo fissato per sempre su una pagina bianca, e che prima di noi non esisteva, ci sopravvivrà comunque
Chi scrive, in modo intellettualmente onesto, al di là che sia un vero artista (e sono pochi) o un ottimo artigiano (e ci si può arrivare) con la sua produzione arricchisce il patrimonio collettivo della conoscenza. Già questa è opera meritoria. Anche se bisognerebbe aprire un lungo capitolo sull’eccessivo numero di pubblicazioni spesso inutili, di libri senza capo né coda che non arrivano nemmeno sugli scaffali, e quindi sul mutato ruolo degli editori, un tempo protagonisti di una scelta e quindi di una selezione, capaci di prendersi dei rischi nel bene e nel male. Oggi, a fronte di costi di stampa diventati risibili, si pubblica molto di più e si rischia molto meno. Per cui il tradizionale confronto-scontro dell’autore con l’editore ha perso molta della sua energia innovativa.
È comunque bello che tanti scrivano. E non è un caso, proprio alla luce del concetto che esprimevo prima sulla scrittura come arricchimento del patrimonio collettivo, che ci ritrovi, oggi, nel cortile del municipio, la casa di tutti i fidentini.
Eppure, questa due giorni non dev’essere vista come un momento di autocelebrazione. Nessuno di noi è Guareschi, o Camilleri o Eerri de Luca. Dev’essere invece un momento di celebrazione, della scrittura e del suo strumento, la parola.
Personalmente per le parole nutro un grande rispetto
Ecco, se vogliamo dare un senso a questa festa, dobbiamo partire proprio dal rispetto per le parole. Qualche anno fa mi è capitato di presentare lo scrittore Gianrico Carofiglio, che stava per fare uscire un volumetto di cui consiglio a tutti la lettura. Si chiama LA MANOMISSIONE DELLE PAROLE, ed è un’analisi della società italiana attraverso l’uso, o l’abuso, che fa delle parole. il ribaltamento del senso così caro ai politicanti, che spesso dicono una cosa per intenderne un’altra
Fissammo un punto, le parole andrebbero tutelate, come si fa per l’ambiente, per i fiumi, per i parchi, per i monti e per i monumenti. Non sono l’espressione più intelleggibile della nostra cultura? Rappresentano sicuramente una parte rilevante del patrimonio conoscitivo di un gruppo, di una nazione.
Cosi, chi usa le parole, per mestiere di giornalista o per passione di scrittore, deve in prima persona impegnarsi a tutelarle. Soprattutto quando le utilizza nella propria opera. In tutti questi anni, in tanti mi hanno proposto di dare un’occhiata ai loro lavori: romanzi, racconti, altre proposte letterarie. Ho sempre accettato, me ne sono quasi sempre amaramente pentito. Perché troppo spesso ho dovuto fermarmi alle prime pagine, contrariato dalla manomissione che era stata compiuta nei confronti delle parole. Usate a sproposito, oppure inutilmente ripetute. Ogni volta che scrivo, ogni giorno almeno una volta, un testo di venti righe, che è la lunghezza di un servizio televisivo, scopro, rileggendolo, di aver commesso un errore, di aver ripetuto una parola, di aver composto una frase contorta quando avrei potuto dire la stessa cosa in modo semplice e chiaro. Ogni giorno, mi capita.
Eppure scrivo per professione. In sole venti righe, dov’é relativamente facile tenere tutto sotto controllo anche perché non occupano nemmeno un foglio. Figuriamoci quando mi avventuro nella stesura di un racconto. Allora perché la bella proposta che l’assessorato alla cultura e il comune di fidenza ci hanno fatto oggi abbia un senso, dobbiamo partire da questo impegno.
Scrivere è bello. Ci aiuta a tirar fuori qualcosa di noi che altrimenti non saremmo in grado di esprimere e ci suggerisce punti di vista originali sulle vicende del mondo. Per cui ben venga la scrittura, che tutti scrivano, chi ha talento come chi non è stato baciato da questo dono. Ma facciamolo sempre con il rispetto dovuto a qualsiasi forma d’arte.
Mio nonno, che era pittore, dipingeva per sé, per il gusto di dipingere. Non per vendere i suoi quadri, che pure avevano e hanno molti estimatori. L’arte, come quasi tutto nella vita, va praticata per sé stessa, non per inseguire il successo. Altrimenti è un’altra cosa. Non si deve scrivere pensando di pubblicare. Si deve scrivere pensando allo scrivere. E avvicinandosi alle parole con grande cautela, con la consapevolezza che, seppure a nostra disposizione, non sono nostre, sono un bene di tutti e che usandole dobbiamo in qualche modo restituirle agli altri senza sgualcirle.
Il salone del libro ha avuto un successo strepitoso. Eppure in Italia si legge poco. Qualcuno dice che siamo un popolo di scrittori più che di lettori. So di fare cosa gradita ad ognuno dicendo che se davvero amiamo la scrittura, non possiamo prescindere dalla lettura. Lo ripeto sempre, ai colleghi più giovani delle scuole di giornalismo e delle università: il tecnico che viene ad aggiustarci la lavatrice partecipa a corsi di aggiornamento, cerca di adeguare le proprie competenze ai cambiamenti tecnologici. Noi dobbiamo imparare a fare la stessa cosa, a conoscere che cosa è già stato scritto, e come, per poter elaborare uno stile personale.
Scrivere è ricerca. In una canzone di roberto vecchioni dedicata al poeta Arthur Rimbaud c’è una frase bellissima, per descrivere la poesia: Ribaltare le parole, invertire il senso. fino allo sputo, cercando un'altra poesia.
Operazione faticosissima, che dobbiamo imparare a fare. Magari poi per tornare a creare in modo più tradizionale, se questa è la cifra narrativa a noi adatta. Ma non possiamo prescindere dalla fatica. Chi scrive senza fatica non credo possa definirsi uno scrittore. Anche perché la sua opera difficilmente passerà ai posteri.
Chi ha la passione per la bicicletta, si allena tutte le volte che può, soprattutto se non è un ciclista professionista. Perché la bicicletta fino ad un certo livello è democratica. Ti restituisce in soddisfazioni il sudore che le hai tributato in allenamento. La scrittura merita forse meno rispetto della bicicletta? Le salite della lingua italiana possono essere affrontare senza adeguata preparazione? Avviene troppo spesso, credetemi. E rischia di intasare le vie della letteratura di pseudo atleti spompati già alla partenza.
Allora momenti come questi, in cui si riuniscono e confrontano persone accomunate dalla medesima passione, e che di questa passione possono fare adeguato sfoggio, adeguata celebrazione, hanno anche il dovere di metterci di fronte alle nostre responsabilità che come scrittori, ma preferisco il termine appassionati di scrittura, abbiamo. Verso le parole e verso chi avrà la ventura di leggerci.
Proprio perché la lingua, la parola, sono un bene comune e rappresentano il mezzo primordiale di incontro e di scambio fra gli uomini e fra le comunità degli umani.
GALLERIA DEI PROTAGONISTI
In ordine di apparizione
(Alcune note frettolose accompagnano alcuni interventi)
(Alcune note frettolose accompagnano alcuni interventi)
Franco Nardella Ho scritto e scrivo aspettando Federico II |
Laura Gambazza |
Anika Marchesi Alla domanda: perché scrivere? rispondo: fatelo e basta. |
Giancarlo Loreni Pensavo in dialetto ora lo scrivo anche |
Davide Pellegrini L'uomo ha due anime, quella vera ci accompagna dalla nascita è dentro di noi, l'altra dobbiamo cercarla, fuori di noi |
Michele Malanca |
Taiten Guareschi |
Cinzia Pollastri |
Franco Soavi ".. regalo libri miei col pane che sforno .." dove? "Nel negozio, luogo caldo non solo per il forno" |
L'attenzione alle parole di Debora Ruggeri mi ha fatto dimenticare di scattare la foto di rito! Mi scuso con lei.
Debora Ruggeri scrive, scrive dei racconti "thriller" ma ama la poesia:
"ho iniziato con la poesia, e scrivo poesie quando voglio parlare di me stessa, delle mie incertezze".
Fausto Maria Pico Dalla filosofia e dalla politica alla poesia, per scoprire che l'inizio era già poesia. |
Beatrice Marossa |
Lorenza Pellegrini Potrei dedicare a Lorenza un articolo intero, ma, avendolo già pubblicato ad esso rimando |
Da lettrice che si rivolge al libro per andare oltre, per godere fino in fondo il gioco della parola che si presta a creare emozioni, sensazioni sempre nuove, conoscenza, mi permetto di sottolineare alcuni dei punti del pensiero di Luca Ponzi che mi trovano in sintonia.
RispondiElimina"Chi scrive, in modo intellettualmente onesto, ....arricchisce il patrimonio collettivo della conoscenza."
"...per le parole nutro un grande rispetto...le parole andrebbero tutelate...rappresentano una parte rilevante del patrimonio conoscitivo di un gruppo , di una nazione."
"Scrivere è bello....ma con il rispetto dovuto a qualsiasi forma di arte."
"Scrivere è ricerca.."
"...eccessivo numero di pubblicazioni spesso inutili"
L'esposizione del giornalista è chiara e il contenuto non è d'occasione, ma puntualizza su alcuni concetti che , soprattutto oggi, ritengo vadano sottolineati perchè la scrittura non sfugga alla sua vera funzione di comunicazione e di formazione.
Complimenti a tutti!
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