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martedì 29 maggio 2018

Il coraggio di essere patriottici





In questo momento di grosso sconcerto, non solo politico, ripubblico questo post che riporta una breve parte di un racconto straordinario di Pier Vittorio Buffa. E' la storia di una bandiera italiana che ha attraversato l'Europa in un momento drammatico in cui l'onore sembrava ormai sconfitto o un fatto privato. 
Lo pubblico pensando a sabato 2 giugno 2018 giorno in cui la Costituzione della Repubblica verrà consegnata ai "2000", così infatti si chiamano quelli che sono nati nel primo anno del terzo millennio.


"Un ufficiale, di cui la memoria del reggimento non ha tramandato il nome, dice: "Signor colonnello, cerchiamo di salvarla, la bandiera. Siamo tanti, se la facciamo a pezzi e ne prendiamo uno per uno qualcosa riusciremo a portare in Italia. Anche se tornasse a Roma un solo pezzo sarà come se fosse tornata la bandiera intera, se ne dovessero tornare di più li riattaccheremo e la nostra bandiera sarà salva".

Tagliare la bandiera. Forse nessuno, tra chi era quel mattino a Wietzendorf, aveva mai pensato fosse una cosa possibile. Anche per gli ufficiali più giovani e di complemento la bandiera era sacra e intoccabile. Non perché erano nati e cresciuti durante il fascismo, ma perché non c’è esercito al mondo dove non la si pensi così.
Renzo Reggianini non dice di no.
«Ho capito, ci voglio pensare», e si allontana da solo.
Quando torna sono passati tre, al massimo quattro minuti.
«Va bene, ho deciso, facciamo così».
Chiama per cognome dodici ufficiali .
«Io prendo le medaglie, spezziamo l’asta, tagliamo il drappo in sei e dividiamo i pezzi tra di noi. D’accordo?».
I dodici assentono, chi con un gesto del capo, chi con un secco «Signorsì». Il tenente Filla consegna la bandiera al suo comandante e inizia lo “spezzettamento”. L’asta, con l’aiuto di una baionetta, viene divisa in cinque parti, la freccia viene separata, il drappo viene steso e, sempre con la baionetta, diviso in sei parti regolari: due verdi, due rosse, due bianche con lo stemma sabaudo diviso in due.
Candiano Filla si mette accanto al colonnello con i pezzi della bandiera e Reggianini chiama i dodici uno a uno e consegna a ciascuno una parte della bandiera:
Maggiore Spartaco Cionci, la piastrina
Capitano Ezio Botti, la lancia.
Capitano Franco Fort, parte dell’asta.
Tenente Candiano Filla, bianco superiore.
Tenente Francesco Santella, parte dell’asta.
Tenente Marco Pignatti di Morano, fodero e parte di rosso.
Tenente Adriano Avilloni, parte dell’asta e verde.
Tenente Edmondo Brunellini, verde.
Sottotenente Giuseppe Benignetti, bianco inferiore.
Tenente Pietro Jacchia, rosso.
Tenente Federico Nappi, parte dell’asta.
Sottotenente Filippo Procaccianti, parte dell’asta.
Non ci sono cerimonie, solo saluti appena accennati e qualche “attenti” circospetto. E la bandiera sparisce sui corpi e nei vestiti dei tredici ufficiali.
"Adesso dobbiamo giurare", dice il colonnello. "Di fare il possibile per salvarla e, una volta tornati a casa, di riconsegnarla a me, se tornerò vivo, o a chi di dovere".
Reggianini allarga le braccia come fosse un celebrante.
"Venite qua".
I dodici gli sono intorno e forse nessuno, in quel momento, pensa alla coincidenza con il numero degli apostoli di Gesù. Si prendono mano per mano, si stringono fino ad abbracciarsi stretti.
"Lo giurate voi?".
"Lo giuro", dicono quei dodici uomini la cui vita, da quel momento, è legata al pezzo di stoffa o di legno che hanno nascosto su di sé. E’ per questo, forse, che quasi tutti hanno lacrime agli occhi o lo sguardo basso di chi è commosso. O forse perché la breve cerimonia ha fatto capire quanto la loro vita sia in pericolo.
Reggianini lascia passare qualche istante prima di chiamare uno dei dodici ufficiali, probabilmente lo stesso portabandiera Candiano Filla.
"Bisogna fare un appunto preciso su come è stata divisa la bandiera, prenda nomi, cognomi e indirizzi. Accanto ci metta città, via e numero civico".
E mentre i bersaglieri del Secondo stanno consegnando quello che di bellico gli è rimasto addosso il tenente Filla scrive su un foglio del suo taccuino i tredici nomi. Un foglio che è rimasto integro, così come venne scritto quel giorno, con una sola lettera a indicare i pezzi di bandiera: v per Verde, b per Bianco, r per Rosso.
Edmondo Brunellini, appena il colonnello glielo affida, infila in tasca il pezzo di stoffa verde, ma quando si avvicina il momento di passare davanti ai tedeschi per consegnare "quello che ha di militare" ha paura che gli portino via la giacca e, allora, addio bandiera. Si accuccia, chiede a tre bersaglieri di stare fermi intorno a lui, si sfila lo stivale e ci infila dentro la sua bandiera. Non l’ha piegata e, quando cammina, sente la stoffa sulla pianta del piede.

La bandiera col bianco centrale inferiore mancante

Due giorni dopo l’arrivo a Wietzendorf viene chiamato l’appello degli ufficiali. Inquadrati come reclute vengono riportati alla stazione dove un treno merci è pronto per loro. Viene consegnata una pagnotta ogni due ufficiali e quando sono sui vagoni lo sportello a scorrimento viene chiuso dal di fuori. E così il treno su cui viaggiano gli ufficiali del Secondo diventa uno delle centinaia di treni che in quei giorni attraversano l’Europa con gli uomini trattati come animali da trasportare da un luogo all’altro: si parte stando in piedi, si rosicchia un po’ di pane, ci si comincia a sedere. Poco a poco ci si ritrova sul pavimento di assi sconnesse senza riuscire a parlare tanto è forte il rumore delle ruote che scorrono sui binari."

  

4 commenti:

  1. Questo racconto ci dice CHI SIAMO VERAMENTE NOI ITALIANI cosa sappiamo inventarci per difendere la nostra patria, la nostra dignità.
    Oggi le sceneggiate napoletano ci raccontano di esporre la Bandiera per contestare chi ? forse la nostra miopia ? la nostra capacità di parlare e parlare e di pretendere di essere creduti anche quando raccontiamo bugie, per accalappiare i voti degli ingenui e affermare il nostro eco-centrismo ?
    Riflettiamo sul comportamento dei nostri eroi esempi per noi e per i nostri figli, non facciamoci ingannare.
    l'Anonimo di Borgo

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    1. Lei si vede che si è già fatto ingannare da questa finta Europa e dal suo amico Mattarella...!

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  2. La Storia non si nega, è un libro le cui parole sono indelebili e quindi non discutibili, sulle quali, però, si può riflettere.
    Oggi forse per i giovani certi esempi, certi comportamenti sono talmente lontani dal vissuto quotidiano che risuonano quasi inverosimili. Intorno a loro vedono una realtà rissosa, un egoismo ed un opportunismo padroni dei rapporti umani. Credo che vivano con sconcerto il loro presente dove mancano sicure linee guida, dove non c'è più distinzione di valore nelle scelte.
    Bisogna quindi rinunciare a credere ai principi fondamentali della nostra Storia?
    Non credo. L'uomo può commettere errori, ma i principi restano.

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    1. Però, Marisa, anni fa ed ancora più di recente, su un paio di blog di Parma, ho avuto discussioni accese con alcuni negazionisti della Shoah, uno dei quali mi ha addirittura telefonato, da un paese molto vicino a Fidenza, per minacciarmi. Loro, la storia, la distorcono e la negano, ferocemente, asserendo, ad esempio, che il diario di Anna Frank è una bufala gigantesca, inventata dagli ebrei.

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